Fin dall’inizio, a marzo 2020, e ancora di più nei mesi successivi, la pandemia di COVID-19 ha reso necessari per le aziende una serie di importanti adeguamenti dal punto di vista della sicurezza e dell’igiene nel posto di lavoro. A partire dalla primavera 2020 le aziende hanno adottato specifici protocolli e hanno dovuto individuare nuove figure professionali di riferimento, diventate ben presto gli attori principali della sicurezza in azienda, per definire dei piani strategici che applicassero le norme in materia di sicurezza sul lavoro in una situazione inedita di emergenza sanitaria. In questo contesto, è nata la figura del Referente Unico Covid, chiamato anche Covid Manager, adeguatamente formato per:
- contribuire a stabilire un protocollo aziendale interno valido ed efficace per fronteggiare e arginare i rischi di contagio;
- assumere un ruolo operativo di gestione e coordinazione degli interventi necessari in quest’ambito.
Il Referente Unico Covid, a seconda delle situazioni, può essere sia un collaboratore con questa funzione pressoché esclusiva oppure una figura già presente in azienda in ruoli di responsabilità e coordinamento delle risorse. In entrambi i casi si confronterà con un Comitato di Controllo istituito appositamente in base al Protocollo Nazionale 2020.
Norme e procedure della sicurezza in azienda
Il Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro, aggiornato il 6 aprile 2021 e attualmente in vigore, interviene nel regolare diversi aspetti della vita in azienda. Tra questi:
- modalità di controllo e gestione degli ingressi in sede, inclusi orari di entrata e uscita dei dipendenti;
- spostamenti interni (come eventi e riunioni);
- gestione degli accessi contingentati agli spazi comuni;
- predisposizione di turni, trasferte e lavoro agile;
- le operazioni di pulizia e sanificazione degli ambienti;
- la distribuzione di dispositivi di protezione individuale;
- le istruzioni relative alle precauzioni igieniche personali;
- le modalità di gestione dei casi di emergenza, come l’eventuale presenza di persone risultate sintomatiche in azienda.
Tutti coloro che si occupano di garantire la sicurezza sui luoghi di lavoro collaborano allo scopo comune di tutelare il diritto alla salute di lavoratori, dei collaboratori, dei fornitori esterni e, più in generale, di tutti coloro che fanno il loro ingresso nei locali dell’azienda, mantenendo alta ed efficiente la sorveglianza sanitaria.
La gestione dell’emergenza COVID-19 rientra nel piano più ampio delle misure di sicurezza che un’azienda è sempre tenuta a garantire ai dipendenti, nel rispetto di precisi parametri, in base anche alla classificazione del rischio nei luoghi di lavoro. A questo proposito, a fine marzo, è stato pubblicato uno studio INAIL che chiarisce il metodo elaborato dall’Istituto nei mesi precedenti per riuscire a calcolare il diverso grado di rischio negli ambienti di lavoro in relazione al COVID-19. Il 7 aprile 2021 INAIL ha inoltre siglato con le parti sociali il protocollo per l’attivazione di punti di vaccinazione sui luoghi di lavoro.
Responsabilità del datore di lavoro
Il datore di lavoro fa parte degli attori della sicurezza in azienda ai tempi del COVID-19 ed è responsabile dell’applicazione delle misure di sicurezza anti-contagio indicate nel protocollo e, se non riesce ad adeguarsi agli standard di sicurezza necessari per salvaguardare la salute dei lavoratori, può essere tenuto a sospendere l’attività. Fin dall’inizio della pandemia, inoltre, è incentivato a favorire dove possibile forme di lavoro agile e soluzioni alternative per ridurre gli assembramenti e contenere i rischi di contagio.
È nell’interesse di tutti i datori di lavoro poter dimostrare di avere fatto quanto in loro potere per tutelare dal rischio COVID-19 dipendenti e collaboratori. In caso contrario, infatti, non sono previste solo delle sanzioni, ma anche dei processi in sede penale. Esiste la possibilità di dover rispondere in sede penale dei reati di lesioni personali gravi e di omicidio colposo, qualora si potesse dimostrare in modo incontrovertibile la sottovalutazione dei rischi o la volontà di ignorarli deliberatamente.